Tu eri la più piccola, cinque anni in meno e il nome di battesimo i miei lo fecero scegliere a me, e io dissi che ti volevo chiamare Grazia come il mio primo amore, una bambina che frequentava il mio stesso asilo, avevo cinque anni, ero già innamorato.
Abbiamo trascorso quasi trent'anni insieme nelle periferia bolognese, nella stessa camera da letto, perché non si poteva fare diverso e per trent'anni io e venticinque tu, abbiamo condiviso amici, vacanze, problemi, inquietudini in quel periodo terribile e bellissimo fra gli anni settanta e ottanta.
Tu eri bellissima e lo sei ancora.
Io ricordo che difendevo, da bravo "femministaiolo" militante, la tua indipendenza e quando tornavi a casa tardi la sera quietavo mio padre che brontolava.
Eri libera e selvaggia come tutti in quel periodo, in una periferia che vedeva i giovani spesso morire per l'eroina o dedicarsi alla politica.
La nostra fantastica e terribile giovinezza.
Poi me ne sono andato di casa e i trent'anni successivi ci siamo persi per strada, abbiamo litigato cento volte per questioni familiari e cento volte sono tornato sui miei passi perché alla fine ti volevo bene.
L'ultimo litigio pochi mesi fa, ancora una volta per motivi risibili, e l'ultima riconciliazione in ospedale dove sono riuscito a dirti che mi dispiaceva, che ti volevo bene, che eri parte fondamentale della mia vita.
Mi hai sorriso, ci siamo stretti la mano, come dovrebbe accadere fra fratelli che si amano fino alla fine.
E ora che la fine si avvicina non potrò dirti che avrei voluto dedicarti uno dei miei maledetti e adorati romanzi, almeno uno, e poco importa se ti dedicherò il prossimo perché tu non lo leggerai.
Non potrò rassicurarti sul futuro di nostra madre che per te era principale ragione di vita, potrò solo prendermene cura, come si addice a un buon figlio.
Non potremo condividere più nulla come tanto tu desideravi.
Potrò solo portarti con me e sarai in buona compagnia insieme a tutti coloro che ho amato e che non sono più.
Non condividerò questo post, chi passerà da queste parti potrà leggerlo e pensare ciò che vuole, per me è l'unico modo nel quale riesco in questo momento a onorarti e salutarti, sono le parole che non riuscirei a pronunciare al tuo funerale, perché il dolore mi impedirebbe di parlare, sono il mio modo per esorcizzare la mia sofferenza, perché mentre scrivo sto parlando con te, solo con te, lanciando nella rete, che ormai è il mio principale interlocutore, questo ultimo saluto.
Vorrei scrivere che ci incontreremo insieme a nostro padre e a tutti gli amici che sono dentro di me, ma non credo che esista un luogo migliore oltre questa terra travagliata e devastata dall'uomo.
Se dovesse esistere vienimi a cercare.
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