"La
collega guarda Oliviero che sta valutando i rischi.
«Se
fossi in te aspetterei i vigili del fuoco».
Oliviero
la guarda. «È festa, magari hanno altre chiamate, come minimo arriveranno fra
mezz’ora, se è vero che il capo famiglia è tornato deve essere accaduto
qualcosa in quell’appartamento, ci sono dei minori, credo sia una situazione che
non ammette ulteriori attese».
Ciro
annuisce veloce, Vilma lo imita, sono in quattro sul terrazzino, si intravedono
le due torri da quella posizione, la città è luminosa di sole.
Oliviero
sa che sta per fare una stronzata, una di quelle cose che possono costare il
posto di lavoro, un’azione che poi dovrà spiegare, comporta dei rischi, sa
anche che potrebbe essere di vitale importanza intervenire tempestivamente.
Guarda
l’ora, le nove.
Scavalca,
non guarda la collega che scuote la testa arcigna e contrariata, non guarda
sotto, pensa che in fin dei conti è solo mezzo metro, un gioco da ragazzi.
Si
ritrova sul terrazzo di casa Tamarri, la porta a vetri è chiusa, la tapparella
è abbassata solo in parte, oltre il vetro c’è la sala, Oliviero si avvicina al
vetro, toglie il berretto che infila fra le gambe e scherma gli occhi con le
mani appoggiandole alla porta a vetri.
Stringe
gli occhi e poi li spalanca, li stringe di nuovo, non è sicuro di ciò che sta
guardando, poi si volta bianco in volto e guarda la collega, Ciro, la signora
Vilma.
«Chiama
la centrale, fai venire i pompieri, un’ambulanza, la polizia».
Poi
si china in un angolo del terrazzo e vomita la colazione del mattino, toast e
succo d’arancia."
Nessun commento:
Posta un commento