"L’agente
scelto Oliviero Billi è fermo in via Indipendenza, il berretto
bianco sporco calato sugli occhi marroni, le mani grandi piantate sui
fianchi, le gambe appena divaricate nei pantaloni blu della divisa
estiva, si gode il lento procedere di decine di lavoratori, un fiume
pigro e colorato che va gonfiandosi con il trascorrere dei minuti
confluendo festoso verso il centro della città, piazza Maggiore.
La
collega, Cristina Atti, sta masticando un ghiacciolo all'interno dell’auto bianca e blu della municipale, è a dieta ufficialmente
da oggi e fa una fatica boia a rinunciare alla colazione classica –
brioche salata vuota e cappuccino.
Sorride
impercettibilmente Oliviero, lui non fa colazione al bar, non mangia
le porcherie che masticano i colleghi, detesta bar e baristi di
questa città cara, sazia e bugiarda.
Oliviero è un nostalgico, però
non ricorda di chi o di cosa.
Guarda il lento sciamare della folla e
invidia quei sorrisi inconsapevoli, uno slancio vitale che lui non
prova da anni. Laureato in storia contemporanea, concorso in polizia
municipale e a seguire dieci anni per strada a osservare il mondo e
la sua storia passargli davanti. Quarant'anni, un appartamento in
un piccolo palazzo del centro di San Pietro in Casale, due genitori
anziani, una fidanzata occasionale, impiegata nell'ufficio postale
di San Pietro, e il suo lavoro.
Un lavoro a targhe alterne, a flusso
variabile, un giorno a regolare il traffico, un altro a fare il
poliziotto per caso in ausilio alle altre forze dell’ordine, un
altro a difendere il palazzo comunale dagli attacchi degli anarchici
informali, un altro a liberare un appartamento occupato, un campo
zingari, una scuola abbandonata, così senza tregua, un po’ vigile,
un po’ poliziotto, un po’ coglione, pensa Oliviero, le mani
sempre sui fianchi e un sorriso congelato sul bel viso abbronzato di
corse in campagna e gli occhiali scuri che gli conferiscono un
aspetto truce. Il suo ispettore lo ha pregato di indossarli solo
quando è davvero necessario, spaventano il cittadino. Ma Oliviero
pensa che ci vuole ben altro per spaventare il bolognese medio. Ben
altro."
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