A volte mi chiedono cosa voglio raccontare con le mie storie.
Credo niente di più che quello che sono ... storie.
Nei tre romanzi Frilli che ho pubblicato negli ultimi tre anni racconto storie e poi dopo mi accorgo che dentro magari puoi trovarci un pezzo di realtà, come la vedo io, o magari come mi piace reinventarla. La realtà è molto più folgorante, terribile, fantasiosa, improbabile di come noi scrittori la reinventiamo. Io cerco soprattutto di inventare storie del possibile dove non ci siano solo partigiani buoni e fascisti cattivi, ma esseri umani tutti pervasi da quell'insano desiderio di sopraffazione e violenza che ci accomuna dalla notte dei tempi.
La storia di Giuseppe Giannola è talmente romanzesca che sicuramente avrebbe richiesto una fantasia che non possiedo. Gli americani nel giro di pochi giorni, nel 43, dopo lo sbarco in Sicilia, gli spararono in tre diverse occasioni. Fu ferito quasi mortalmente dai nostri "liberatori" quelli che ancora rimangono nel nostro immaginario come i buoni.
Vi lascio la storia raccontata dal Giornale. it che solitamente non leggo rimanendo così al di sopra delle parti, ma che racconta una vicenda antica e attuale come quella che troverete nel mio ultimo romanzo Il giallo di Caserme Rosse.
Di una cosa mi sono convinto nella mia lunga vita, non esiste solo una verità e come ho detto nell'ultima presentazione, io probabilmente sarei stato un partigiano, uno dei più bastardi, uno di quelli che non perdonavano, però l'avrei saputo e non mi sarei nascosto dietro a retorica e buonismo.
Non esiste guerra giusta, non esistono morti ammazzati bene.
Esiste l'uomo, la storia, e la realtà
La vicenda di questo italiano morto a 99 anni dopo avere raccontato la sua verità è emblematica.
E forse John Fitzgerald Kennedy non era un eroe, ma questa è un'altra storia una di quelle che ci hanno fatto credere.
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