sabato 17 dicembre 2016

Il giallo di Caserme Rosse e il senso della scrittura



Il giallo di Caserme Rosse nasce da uno stimolo esterno potente, la storia nascosta sotto lo zerbino di casa, la storia di un periodo oscuro e dimenticato dai più, ma non da coloro che sono rimasti segnati da quella vicenda, i familiari dei deportati, di quelli sopravvissuti e di quelli dissolti.

Mi è arrivata una mail che pubblico come l'ho ricevuta, una mail firmata da un contatto conosciuto e credo che valga più di qualsiasi recensione, più di qualsiasi commento.

Perché scrivo?
Io sono uno scribacchino, un conta favole, un guitto, ma se da un mio romanzo esce una qualsiasi reazione o emozione come questa postata sulla mia casella di posta, allora anch'io assumo un significato, divento partecipe di un pezzetto di memoria storica e non un semplice fabbricatore di novelle.

Di seguito il testo della missiva:

Grazie Massimo!
pensa che mio padre, anche lui a 17 anni, fu rastrellato dai tedeschi
e (grazie ad un medico italiano che mentendo lo giudicò solo mediamente abile x tenerlo in Italia) mandato a lavorare sulla linea Gotica a costruire un bunker per un cannone, vicino alle sorgenti dell'Acqua Panna.
Senza che la sua famiglia sapesse nulla. Mio nonno ci mise giorni a scoprire dov'era finito.
Da lì poi riuscì a scappare con una bici che mio nonno riuscì a portargli presso contadini che abitavano in zona. Ricordando la notte trascorsa in un fienile scoppò a piangere ancora cinquant'anni dopo (mio padre non piangeva quasi mai)
Quelli rastrellati con lui e mandati in Germania in campo di concentramento ci morirono (mi portò a visitare il campo e trovammo le croci).
Venerdì non so se riesco ad esserci, ma lo segno in agenda
un caro saluto

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