Vincitore del David di Donatello 2016.
Sicuramente Genovese è persona intelligente.
Unico suo film precedente degno di menzione a mio avviso, rimane incantesimo napoletano.
Genovese si inserisce come regista in un desolante panorama italiano rilanciando o almeno provandoci, una commedia sfilacciata e appiattita da anni di cine panettoni e porcate simili.
I suoi rimangono prodotti commerciali, ma intelligenti, dignitosi.
Perfetti sconosciuti a mio avviso rappresenta un salto di qualità.
Genovese indaga su alcuni aspetti del nostro attuale vivere e chi mi conosce, chi conosce i miei scritti, sa quanto io sia sensibile all'argomento.
Nel mio ultimo libro di racconti scrivo del rapporto attuale fra uomo e cellulare, uomo e rete, uomo e comunicazione virtuale.
Lui fa un lavoro decisamente intelligente, da bravo imprenditore della creatività per immagini.
Racconta una storia tanto surreale quanto possibile partendo da un gioco, quello della verità, che viene anche citato nel film.
Nella realtà non credo sia possibile un gioco del genere.
Il cellulare è diventato davvero per tutti la scatola nera, l'armadio delle nostre miserie quotidiane, rifugio di sogni erotici di serie b, di ricette culinarie e di vita, di immagini e video spesso di scadente qualità e in una parola il nostro diario quotidiano, testimone della nostra sconfitta rispetto alla solitudine degli affetti, all'incapacità comunicativa, alla povertà morale.
Genovese non tralascia nulla, con sapiente regia crea l'attesa e colpisce duro, dove fa male.
Unica pecca la sottolineatura sulla diversità, mi pare appena ipocrita, come al solito tesa a catturare facili consensi, ma nel complesso grande commedia, grande interpretazione di tutti da Mastandrea a Giallini, dalla Foglietta alla Smutniak.
Da non perdere e da non emulare come gioco, perché come dice uno dei protagonisti, siamo troppo frangibili per farlo.
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