Tratto da un romanzo di successo Perdersi scritto da una neuropsichiatra che ha studiato per anni il morbo di alzheimer il film è interpretato in maniera magistrale da una grande Julianne Moore che per questa interpretazione ha portato a casa l'oscar come migliore attrice protagonista.
La storia è banale nella sua spietatezza, una brillante studiosa di linguaggio e docente universitaria americana si ammala di una forma precoce di Alzheimer e il film racconta l'evoluzione della malattia e il coraggio di questa persona nell'affrontare l'ineluttabile decadimento.
Peggio della malattia è la consapevolezza di perdere giorno dopo giorno la coscienza di se stessi, quella scintilla che ci permette di distinguerci da animali e vegetali, ci permette di creare, scrivere, dipingere, innamorarci, suonare uno strumento e anche di ricordare la nostra vita, il passato, le persone amate, quelle scomparse, insomma la nostra storia che per quanto banale possa essere agli occhi del mondo è nostra e ci accompagna fino alla fine.
Alcune malattie come l'Alzheimer sono terribili nella loro opera di distruzione sistematica dei ricordi e della coscienza e può capirmi bene chi ha o ha avuto un parente colpito da tale morbo.
Film delicato, asciutto, credibile, sincero, si ferma un pelo prima della crudele realtà di persone che perdono tutto ciò che erano in poco tempo non ricordando nulla della loro storia per potere dare al film una consistenza che possa essere spendibile, ma le emozioni che suscita ricordano la realtà di tante famiglie colpite direttamente o indirettamente dal morbo.
Il film lascia uno spunto di riflessione:
Non lasciamo sole le persone colpite da tali patologie, non lasciamo sole le famiglie.
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