La camera chiara è un saggio sulla fotografia del grande Roland Barthes che ho letto quando vendevo libri Einaudi circa 35 anni fa e che forse tornerò a leggere.
Oggi farò una breve riflessione sulla fotografia e forse chissà ci scriverò anche un racconto prima o poi.
Intanto l'immagine sopra è un quadro di un altro grande Norman Rockwell che potrete ammirare qui fino a domenica 8 febbraio 2015 e mi piaceva collocarla qui dove invece parlerò di immagini fotografiche.
Come accennavo ieri, grazie a facebook, ho recuperato alcuni contatti della mia giovinezza ultimamente, soprattutto amici d'infanzia, elementari o giù di lì, dei quali avevo ricordi sparsi alcuni di questi naufragati in un racconto all'interno della mia prima raccolta: Solitario bolognese (Giraldi editore)
Ho sempre considerato le fotografie istantanee statiche di momenti passati, in linea di massima capaci di smuovere un commento, un sorriso, una smorfia, una piccola contrazione affettiva al massimo, ma niente di più, la pensavo così fino a pochi giorni fa.
Poi ho trovato l'immagine di una persona del mio passato, diciamo della mia giovinezza, che considero nonostante il periodo storico una lunga adolescenza, e in quel viso, quella cornice bolognese in bianco e nero ho ritrovato un insieme di sensazioni che avevo completamente dimenticato.
Non so se vi è mai capitato assaggiate qualcosa che non mangiavate da tempo e immediatamente ritrovate non solo un sapore perduto ma anche un insieme di ricordi e perché no di emozioni, e chi segue Breaking bad sa di cosa parlo, ebbene con quell'immagine è accaduta la stessa cosa che forse ha davvero a che fare con l'ippotalamo. Per un secondo ero là in quella immagine in bianco e nero con eskimo e tutto, magari alla fine di una manifestazione o di un'assemblea ed ero giovane, pieno di idee balzane sull'amore, e con un sacco di idee sbagliate sul sesso. Ce n'è di materiale per un racconto non trovate?
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