Un tempo anch'io sono stato giovane, periodo magico, non tanto per la mia condizione ma per le idee che pervadono la mente dell'adolescente condizionato dal credo politico, dalla situazione socio ambientale di provenienza e dall'istinto.
A diciotto anni l'individuo maschio è naturalmente un animale in cerca di amore.
E non c'è niente come l'amore in grado di interrompere il flusso di qualsiasi processo evolutivo, e nel mio caso un modo assolutamente patologico per perdere tempo.
Infatti un'altra cosa che i giovani spesso non colgono è il passare del tempo, io ad esempio non mi rendevo conto di come scorresse veloce mentre rimanevo sempre indietro a rincorrere sogni e progetti giovanili dove al centro c'era sempre una donna, e insieme la mia sconclusionata idea di amore.
Tutta questa premessa per dire che Diario di un paraorecchi rosso di Lisa Frassi mi ha catapultato in quell'idea di donna che avevo nel frustrante e nevrotico periodo dell'adolescenza nel quale la mia idea di donna era decisamente romantica, essere perfetto, icona di bellezza e armonia, e tutte le fantastiche congetture che possono riempire la fantasia di un giovane di sinistra, femminista, e in piena esplosione ormonale.
La protagonista del romanzo autobiografico in questione in realtà è proprio quel modello femminile, una avvenente fanciulla nata nella provinciale Cremona, e cresciuta, nonostante i legacci e le inibizioni di una realtà soffocante come può essere quella della piccola città benestante e nordista, con una idea di libertà, con la voglia di esplorare, di creare e non è un caso se Lisa è non solo una scrittirce ma anche e soprattutto una musicista e cantante e infine psicologa e psicoterapeuta.
Ma nel romanzo in questione è soprattutto una giovane donna che in maniera libera e svincolata da qualsiasi riferimento temporale, racconta momenti fondamentali della sua vicenda umana, fra amori finiti male, amicizie femminili indimenticabili, rapporti familiari complicati, e finalmente l'amore quello definitivo e appagante come può esserlo in una favola, ma non per questo meno reale, perché è importante credere nel sogno realizzato, anche per un mostro di scetticismo come me.
E Lisa riesce a farmi credere nella possibilità del lieto fine, nella scommessa della vittoria dei buoni sentimenti, in un paese dove anche un artista possa vivere del suo lavoro, e non esista solo la meschinità dei luoghi comuni e dove anche la provincia quella più gretta e ottusa possa essere trampolino per una carriera esistenziale appagante all'inseguimento della felicità.
Lisa ha avuto coraggio, ha raccontato la sua storia, si è messa in piazza, cosa che io in sette libri non ho mai sognato di fare nemmeno lontanamente, perché una volta esplicitata la propria essenza è difficile nascondersi dal giudizio terribile del popolino.
Quindi complimenti Lara, sei riuscita a farti leggere da uno che evita come dita negli occhi le biografie in genere, ho ritrovato per alcune ore la parte migliore di me, e ho scoperto che forse la ragazza dolce, sognatrice e sensuale che sognavo da ragazzo e che non incontrai in un periodo cupo e difficile, (anni settanta) magari invece esisteva davvero e meritava di essere cercata, poco importa che le mie coetanee fossero ben diverse, Lisa Frassi rimette in gioco i diversi ruoli, maschili e femminile, esaltando le comuni qualità, quelle che conducono a quello strano miraggio che lei si ostina a chiamare felicità.
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