Ieri sera ho visto l'ultima puntata della serie six feet under creata da Alan Ball le prime tre stagioni le ho viste su sky on demand poi ho scaricato le ultime due dalla rete per vedere tutta la serie e ho centellinato le ultime puntate come si fa con un buon vino che sta per finire.
Come alla fine di un bel romanzo uno di quelli eterni tipo Viaggio al termine della notte o La macchia umana rimane dentro un profondo senso di perdita perché mi sono immerso in poche settimane nella vita di una atipica famiglia americana, una famiglia che è anche un'agenzia di pompe funebri ed è una delle famiglie più vive, strampalate, e coinvolgenti che abbia avuto modo di vedere in una fiction televisiva.
In passato ho parlato di altre serie terminate come Una mamma per amica o Medium che mi avevano per motivi diversi entusiasmato o coinvolto, e l'unica cosa in comune fra medium e six feet under è la scelta degli sceneggiatori di dare alla fine alcune possibili conclusioni delle diverse vite dei protagonisti.
Ma al di là di questo e della conclusione della vicenda familiare della famiglia Fischer rimane l' accuratezza stilistica, la profondità dei contenuti, l'intelligenza della sceneggiatura, la bravura degli attori, fra i quali l'unico che veramente ho ritrovato in seguito è il bravissimo Michael C.Hall che da impresario gay diventerà serial killer in Dexter.
Potrei scrivere un trattato su questa serie televisiva, su come sia possibile affrontare un tema così delicato e tabù come la morte nella civiltà occidentale, con intelligenza, ironia, sensibilità, leggerezza, aprendo la mente per includere all'interno di questa analisi i nostri modi di vivere, di amare, di comunicare, le diverse forme di pazzia, nevrosi, fobia, e inoltre un approccio al tema della diversità una volta tanto non retorico, demagogico, o buonistico.
Credo che alla fine la superiorità stilistica degli americani di qualsiasi origine siano affiori da questo tipo di produzioni.
Noi italiani non siamo solo indietro a causa della mancanza di mezzi e finanziamenti, scusa sempre buona per descrivere la tristezza della nostra produzione cinetelevisiva, noi siamo indietro anche culturalmente, afflitti da un buonismo mediterraneo pietistico e piagnone, da una paura di uscire allo scoperto, da una rincorsa continua di miti stranieri, senza vera originalità.
Inoltre credo che le nostre produzioni siano anche malate di superficialità, mancanza di vera concorrenza, povertà di idee, e come è bene descritto in Boris dalla solita malattia tutta italiana del favoritismo.
Quindi mi inchino come al solito davanti alla bravura di chi ha saputo inventare un prodotto come questo rassegnato all'idea che in Italia non esista ancora un simile genio.
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