Ho sempre immaginato la Nuova Zelanda come una terra selvaggia e semideserta con tanti problemi ma non quelli della convivenza civile, anche perchè ho sempre associato la scarsità demografica con un alto livello di qualità esistenziale, penso all'Australia, ci sono stato più di vent'anni fa e al di là della natura davvero pericolosa in alcuni punti gli australiani mi sembrarono allora dei simpatici e pacifici occidentali con una propensione alla vita all'aria aperta e al culto del tempo libero.
Parlo di ventidue anni fa, e forse li guardavo con gli occhi dell'europeo, però quando penso a certi luoghi la mente si apre nel desiderio di fuga, spazi enormi incontaminati, poca gente, selezionata dalla difficoltà dell'accesso, sole, e clima eccezionale gran parte dell'anno, insomma luogo desiderabile per un'ipotesi di pensione.
Poi vedo le prime puntate di Top of the lake e la prospettiva cambia, la Nuova Zelanda, nella splendida fotografia di questa breve fiction, regia e sceneggiatura della famosa neozelandese Jane Campion (lezioni di piano), è contaminata da uomini simili a selvaggi che si picchiano, stuprano ragazzine, si ubriacano e nascondono segreti indicibili.
C'è una comunità di donne perdute che vive nei pressi del lago guidate da una donna guru poco equilibrata.
E' una fiction decisamente al femminile, non ho ancora capito la conclusione che vedrò questa sera, ma mi piace, mi piace l'atmosfera, i dialoghi, la protagonista una poliziotta in crisi, e soprattutto il respiro della storia ambientata in un paradiso terrestre, la trama è poco chiara, ma non sempre deve convincere, soprattutto se sullo sfondo domina un posto come la Nuova Zelanda.
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