Chi ha letto Il silenzio della Bassa non potrà non trovare alcuni spunti estrapolati dalla cronaca e almeno un paio di affinità con il caso della povera Yara.
Il mio scrivere storie con agganci prepotenti alla realtà non ha altro scopo che intrattenere il lettore, perché come sostengo spesso durante le mie presentazioni non c'è fantasia abbastanza morbosa da superare la realtà dell'orrore quotidiano.
Oggi la cronaca ci ha messo in tavola la risoluzione di un caso freddo e desolato come il campo dove fu ritrovata per caso il cadavere della ragazzina e nello stesso tempo l'orrore caldo e incomprensibile di un uomo che a 31 anni ha deciso di sterminare la propria famiglia precludendosi con ferocia una vita agiata, serena, borghese in un paesino dell' hinterland milanese.
Forse nel mio raccontare storie di uomini e donne perdute, forse nel mio impulso a delineare i personaggi delle mie storie oscure, c'è il desiderio di esorcizzare l'orrore vero, quello che non ha motivi, che non ha giustificazione, che non concede tregua alla coscienza.
Poi l'amico Bonesi mi ha detto giustamente, durante la presentazione di Ferrara, che i miei personaggi sono affetti da un cinismo senza speranza.
Al confronto con gli esseri umani, i vicini insanguinati della porta accanto, i miei personaggi diventano quasi eroi in realtà. Gente che pensa, che soffre, che legge libri, che ipotizza un percorso, e mi rendo conto che il cinismo, quello vero, sta penetrando ogni anfratto e non c'è scampo nemmeno per l'innocenza dei bambini, nemmeno per il pudore della sofferenza.
Almeno nelle mie storie troverete un senso, nella realtà il senso è completamente svanito.
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