domenica 22 settembre 2013

E' stato il figlio e L'intervallo ... due film italiani










Un tempo  anch'io frequentavo i cosiddetti cinema d'essai, ricordate? A Bologna c'è il Roma d'essai, il Lumière, il Rialto e c'erano altri cinema che oggi non ci sono più.
In quei locali ho visto film belli e a tratti terrificanti da Dersu Uzala a Le rayon vert e ora che ci penso quest'ultimo film fu propizio per una grande storia d'amore adatta a quel periodo, e mi piacque così tanto allora che ancora oggi lo ricordo e quasi quasi uso quel ricordo per un racconto sulla nostalgia.
Ma spunti a parte, oggi non guardo più i film di approfondimento, i film cosiddetti impegnati, i film in lingua. L'ultimo che ho visto è l'uomo che verrà e mi è piaciuto molto, ma dentro c'era la nostra storia, quella vera fatta di sangue e miseria, la storia della guerra e della follia tedesca durante la seconda guerra mondiale, non poteva non piacermi.

Tutta questa introduzione per raccontarvi che ho visto su sky due film in lingua, o dialetto con sottotitoli:
L'intervallo di Leonardo Di Costanzo che non conosco, dovrebbe essere una riflessione sulla camorra, vista da una prospettiva realistica e nello stesso tempo immaginaria. Due adolescenti  con diversi ruoli costretti a condividere lo spazio cupo e claustrofobico di un caseggiato abbandonato.
Lei ostaggio, lui guardiano, vittime in modo diverso della violenza del loro mondo, dove domina appunto la malavita, è parlato in dialetto, e deve essere costato il giusto, spero, visto gli attori non tutti professionisti, e l'ambientazione quasi da commedia, tutta nello spazio ristretto di questo casone abbandonato. Devo dirlo con onestà, non mi è piaciuto, non mi ha commosso, non mi ha divertito, non ha smosso in me la coscienza per i terribili problemi connessi alla camorra, non mi ha sensibilizzato relativamente al problema di questi poveri adolescenti costretti a subire un sistema fatto di violenza e sopraffazione, non l'ho trovato neanche interessante come fotografia per la quale ha vinto anche un premio, mi ha infastidito il dialetto con i sottotitoli.
Ma io non sono un intellettuale o un cinefilo, sono solo uno che ama il cinema, la fiction, lo spettacolo e mi chiedo quale sia lo scopo di questo coraggioso esperimento, arte, nuovo realismo?

Passiamo al secondo film:

E' stato il figlio e qui si ride, (sto scherzando chiaramente).
In questo caso abbiamo a che fare con un vero professionista del cinema italiano Daniele Ciprì che ha diretto cose da solo o con il collega Maresco che confesso di non avere mai visto, ma che conosco di fama. In questo film che si svolge a Palermo c'è il grande Toni Servillo uno degli attori più interessanti nel panorama nazionale degli ultimi anni.
Il film è tratto parzialmente da una storia vera, ancora una storia indiretta di mafia, la vittima involontaria della mafia procura un risarcimento a una famiglia indigente e ignorante che non saprà gestire il risarcimento statale finendo nei guai.
Il film è in parte in dialetto in parte in italiano.

E come nel caso precedente non mi è piaciuto.

Alcuni lo hanno associato al famoso Brutti sporchi e cattivi e io invece se confronto le due pellicole non posso che rimpiangere Manfredi e la commedia italiana degli anni settanta e mio malgrado Ettore Scola.
In quel film emergeva l'aspetto grottesco rendendo leggera l'atmosfera appiccicosa e avvolgente di un ambiente sociale tanto degradato quanto teatrale.
Nel film di Ciprì non emerge nulla tranne la bravura di Servillo e una commedia che non decolla e ancora una volta non mi ha colpito, non mi ha emozionato, non mi ha lasciato nulla.

In conclusione è questo il neorealismo italiano del nuovo millennio?
Ha senso fare film in dialetto con sottotitoli per non divertire nessuno, per non arrivare da nessuna parte, per non rientrare magari neanche delle spese?
Il nostro cinema, il nostro povero cinema italiano non ha bisogno di esperimenti culturali ma di sostanza, deve potere diventare competitivo per arrivare dove arriva a mani basse il cinema inglese, francese. La cultura deve andare a braccetto con lo spettacolo e con la consistenza.

Ripeto, L'uomo che verrà mi ha commosso e mi è rimasto dentro, quindi anche uno arido come me può commuoversi per un film d'essai, basta che sia davvero interessante.
Passo e chiudo.

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