E sfogliando il Carlino incontro Stefano Bonaga mio concittadino, da molti conosciuto più per la sua relazione con l'affascinante Alba Parietti che per il suo ruolo politico e culturale nella città di Bologna.
Ma in realtà scrivo di lui, forse conosciuto soprattutto da noi bolognesi, perché nell'intervista rilasciata al quotidiano emiliano afferma cose condivisibili e ovvie, purtroppo non ascoltate.
Parla di università come di una possibile fucina di idee e potenzialità inespresse dove una massa di studenti è relegata in un fazzoletto di città degradato e carissimo schiacciata da affitti da capogiro e costi della vita inavvicinabili.
Perché solo Bonaga dal suo salotto ha il coraggio di denunciare una situazione tanto evidente quanto drammatica?
Parla nell'intervista di una città triste, decadente, priva di idee, che continua a proporre estati stanche e mediocri con la scusa dei tagli economici alla cultura, non più in grado, sostanzialmente, di rivestire il ruolo propulsivo e propositivo che ha rappresentato in Italia per decenni.
Come diceva Moretti in un suo film, venivano dal mondo intero a copiare il nostro modello culturale, a cercare di capire come funzionavano le nostre scuole materne.
Bonaga con pacatezza e un filo di malinconia sancisce in poche battute la deriva della nostra città.
Dice che a 68 anni non ha più voglia di uscire ed esporsi nei salotti bolognesi, un po' lo capisco, e per la prima volta mi trovo a riflettere sulla mia città.
Ci ostiniamo a dare la colpa della decadenza del nostro impero alla crisi mondiale, ma se invece nelle realtà locali fosse banalmente colpa nostra?
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