Torna da me
Ciò che sta accadendo a noi in quanto esseri umani pensanti è quasi fantascientifico.
I giovani, come i compagni di Ulisse ai quali lui chiude le orecchie con la cera per non costringerli a subire il fascino delle sirene, dicevo i giovani, quelli nati ieri e che nasceranno domani, crescono e cresceranno con le nuove tecnologie, quelle che continuiamo a chiamare in maniera ottimistica il migliore prodotto del progresso.
In realtà la tecnologia, il progresso, ci sta velocemente dirottando verso una deriva autistica collettiva quasi perfetta, dove non conta più chi davvero siamo, ma cosa condividiamo.
Non è enfasi la mia, basta aprire un qualsiasi social network e troviamo la condivisione dell'effimero e dell'intimo, dalla grigliata fotografata a Creta, alla prima camminata dell'ultimo nato.
Noi condividiamo tutto, per non condividere nulla.
I motivi di tale compartecipazione sono vari, sottolineare uno status, condividere i momenti belli e quelli brutti, senza pudore, senza rispetto per sé stessi, esponendo spesso anche i minori a noi più cari, agli occhi disumanizzati della rete.
In Torna da me primo episodio geniale e quasi romantico della seconda stagione, si parla proprio di ciò.
Si può ricreare una personalità attraverso le condivisoni in rete?
No, non si può, perché ognuno di noi, fortunatamente, ha alcuni tratti unici, esclusivi, un marchio di fabbrica, una nota caratteriale, creata dall'esperienza personale, dalla storia e non riproducibile.
Noi possiamo condividere fotografie, pezzi di frasi, momenti collettivi, frammenti superficiali.
E' qui il nodo, la rete, la tecnologia, la comunicazione globale, non può bastare e dovrebbe averlo capito anche la politica.
Non facciamoci ingannare dalla seduzione della condivisione, cerchiamo gli altri oppure rimaniamo da soli, ma non cadiamo nella finzione della comunicazione virtuale, ci ritroveremo congelati un un ritratto falsato, né carne né spirito, solo vuoti cloni derubati dell'anima.
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