Acab sbarca sulla piattaforma sky, e se sapevo che sarebbe arrivato così presto avrei evitato di guardarmelo su you tube. Credo che lo riguarderò perché è un film interessante aiuta a comprendere la realtà.
La realtà è un uccello che non ha memoria cantava Gaber, e noi ne abbiamo pochissima, basta un accadimento e cambiamo opinione, il poliziotto diventa carnefice, l'assassino diventa martire o viceversa.
I colleghi, anche se non si considerano sempre tali i poliziotti rispetto a noi, dicevo i poliziotti, fanno un lavoro difficile, spesso ingrato. Loro, come noi della polizia locale, spesso devono operare in un contesto sociale ricco di contraddizioni, degrado, violenza.
Spesso mi è capitato di lavorare con i colleghi del reparto mobile della polizia di Stato e del battaglione dei carabinieri, operatori che si spostano percorrendo il nostro bel paese fra stadi occupati da gruppi di tifosi violenti, piazze calde di manifestazioni non autorizzate, luoghi della movida da presidiare.
Lavorare in un reparto che si occupa di ordine pubblico è scelta impegnativa, spesso motivata da un maggiore rientro economico dovuto agli straordinari, alla trasferta, al disagio, cose per noi ancora sconosciute. Credo che per lavorare in quel settore sia necessaria anche una sorta di spinta motivazionale, legata all'età anagrafica, al desiderio di trovarsi in una situazione dinamica.
So che in realtà fare ordine pubblico signica spesso lunghi tempi morti, attese snervanti, freddo d'inverno e caldo d'estate.
Tutto il resto, la violenza, il linguaggio, il livello di scontro, la collocazione politica, sono cose che forse avevano un significato preciso fino alla fine degli anni 80. Oggi le cose sono cambiate, come mutato è il contesto socio politico nel quale viviamo.
Questo film cerca di entrare in quel delicato mondo, dove a mio avviso i confini sono sfumati, bene, male, giusto, sbagliato, destra, sinistra.
L'unica cosa che veramente mi fa sentire vicini gli uomini che tutti i giorni fanno ordine pubblico nel nostro paese è la condivisione delle contraddizioni sociali, la sopportazione della violenza urbana che a tutti i livelli investe chi indossa una divisa.
Se si capisce questo, si può anche capire come sia difficile, usurante e stressante, operare in stadi, piazze, luoghi della condivisione sociale dove spesso si sono perse completamente le coordinate del vivere insieme un qualsiasi evento e dove dietro alla violenza non c'è nulla, neanche una parvenza di motivazione politica, ma solo il piacere di fare male a qualcun altro.
Vi lascio alla visione di questo film italiano, che ritengo un tentativo dignitoso di affrontare un problema spinoso del nostro tempo, tratto da un libro che non ho mai letto.
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