Dal notiziario SULPM ( Sindacato Unitario lavoratori Polizia Locale e Municipale) dicembre 2012:
Mi
hanno chiesto una lettera di fine anno, una specie di bilancio
sull’anno appena trascorso.
Grande
responsabilità. Questo è stato oggettivamente un anno bisestile,
non si scappa e per Bologna, per l’Emilia due volte. A volte perdo
la speranza, quella di un cambiamento e diciamoci la verità,
compagni, amici e colleghi, chi quest’anno è rimasto fermo
sull’obiettivo di transizione, con ottimismo e tenacia, e sto
parlando della nostra famosa legge di riforma per la Polizia Locale,
l’ha fatto perché ha qualità che io ho perduto, ottimismo della
volontà, un pizzico di follia e belle speranze.
Ma
guardiamo in faccia la realtà. La situazione economica è problema
mondiale, risparmiare nell’amministrazione pubblica è parola
d’ordine in Europa e in Italia e noi lo sappiamo bene, ma non
prendiamoci in giro, la nostra legge non ce la vogliono dare, non
volevano in tempi non sospetti e adesso parlarne è come quando da
piccolo chiedevo a mio padre, operaio Weber, il trenino elettrico, io
sapevo che non sarebbe arrivato, ma lui cercava sempre di garantirmi
un’alternativa valida.
Colleghi,
amici, voi che come me state tutti i giorni dell’anno là …
fuori, concetto affascinante, ma solo per chi non lo conosce sotto
tutte le sue sfumature, voglio dire a voi, che credo ancora nel
nostro lavoro, nel significato pieno del nostro ruolo sociale, lo
devo per i nostri morti che anche quest’anno hanno riempito le
cronache dei quotidiani, lo devo a noi, ai colleghi che devono
garantire la viabilità, mentre tre manifestazioni impazzano in
città, cercando di bloccare il traffico.
Noi
ci siamo, siamo là, in mezzo alla strada.
Lo
devo ai colleghi che gratis sono andati dove il terremoto ha colpito,
solo per spirito di servizio e solidarietà.
Lo
devo ai colleghi dell’infortunistica stradale, che arrivano sempre,
crisi o non crisi, a risolvere gli incidenti stradali.
Sono
vicino a quel collega e amico e fratello al quale hanno rotto gli
occhiali da vista che nessuna Amministrazione gli pagherà, durante
un accertamento sanitario obbligatorio.
Noi
siamo presenti, e lo sentiamo nelle ossa, nelle gambe, nello stomaco,
in Piazza Verdi, dove dobbiamo applicare ordinanze inapplicabili, con
orari di chiusura che colpiscono solo alcuni esercizi, in una
specifica via, sempre per accontentare i comitati di turno, sempre
ostaggi della politica, del cittadino bolognese, che non si preoccupa
di sapere come stiamo noi, con veicoli vecchi con una manutenzione
scarsa sempre al limite della sicurezza.
Noi
siamo presenti, alla festa del Corpo, senza nulla da festeggiare, ma
sull’attenti, rispettosi delle regole, e sempre a tutelare i
cittadini.
L’Amministrazione
invece dov’è? Straordinari come al solito in ritardo di un anno e
mezzo, progressioni dimenticate, richieste di cambiare i rapporti
numerici di notte, richieste di innalzare l’età per potere fare
uscire più personale la notte, nessuna assunzione e proposte
incomprensibili, come quella del Reparto Centro Storico, già
sperimentato, già naufragato.
Ce
ne sarebbe abbastanza per esclamare, fermate
il mondo,
voglio
scendere,
cambiare ripartizione, dismettere questa divisa che tanto amo,
davvero, per infilarmi in un qualsiasi ufficio in attesa della
pensione e non scandalizzatevi, a cinquantatre anni suonati un tempo
era un sogno legittimo.
Ci
stanno togliendo i sogni, ci mandano allo sbaraglio, incontro a un
futuro incerto, senza tutele, sempre in schiena alle altre forze
dell’ordine, senza strumenti e non parlo di quelli musicali, senza
diritti, se non quello di tirare e tacere, come mi dicevano quando
ero negli alpini.
Ma
oggi sono un poliziotto locale, sono un agente di polizia
giudiziaria, rischio in prima persona la faccia, il lavoro, la
dignità, e conto meno di un poliziotto, meno di un carabiniere, meno
di Kunta Kinte in una Bologna progressista e democratica, solo per
alcuni.
Domani
vado a lavorare con una tendinite cronica per la quale devo
ringraziare le mie splendide calzature fornite da un’Amministrazione
al risparmio e questo piccolo problema accomuna decine di colleghi
che come me, zoppicanti e anziani, continuano a stare al centro,
sempre in mezzo, mediani fino alla fine, perché noi ci crediamo nel
nostro lavoro, a dispetto di chi ci considera oggi e per sempre
impiegati con la pistola.
Dedicato a tutti i colleghi della Polizia Locale italiana di qualsiasi Sindacato, colore e bandiera.
Massimo Fagnoni delegato SULPM
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