Sono in ospedale, uno qualsiasi, per motivi familiari, niente di grave.
Vado al bar, uno qualsiasi, uno di quelli amministrati dalla grossa cooperazione che a Bologna gestisce la consumazione.
Al bar c'è il mondo, è ora di colazione, medici, pazienti in pigiama, parenti dei pazienti, gente come me in attesa di una visita, di un referto, di una sentenza.
Ci sono anche due piccoli zingari che chiedono la questua.
E c'è una grande confusione, come di solito in questi posti all'ora di punta.
L'italiano medio al banco ordina ciò che ha imparato a prediligere nel corso di una vita di consumatore e dall'altra parte ci sono due ragazzi.
Lui avrà vent'anni, leggermente sovrappeso, un cuore rosso tatuato sul lato destro del collo, due occhi chiari, grandi e luminosi e un sorriso allegro, sembra quasi felice.
Saluta tutti, ringrazia e incassa ordini assurdi senza fare una piega:
un caffè normale, uno basso, uno alto, uno macchiato, una nuvola, un deca, uno corretto, e mi volto per vedere chi beve caffè corretto alle otto di mattina, un ginseng e così a ruota libera senza tregua.
Lui memorizza e passa gli ordini, ripetendoli, a una bella mora addetta alla macchina del caffè, i capelli ricci raccolti sotto il cappellino di cotone immacolato, si volta appena con lo sguardo imbronciato verso di lui per annuire.
E' decisamente di cattivo umore.
Io li guardo e penso che non potrei reggere più di dieci minuti in quel frastuono, poi mi slaccerei il grembiule e scapperei a gambe levate.
Loro invece sono lì e lui sembra anche contento.
Magari è a tempo determinato, part time, magari non arriva a 800 euro al mese, magari è ricco di famiglia ma gli piace fare il barman.
La folla cresce come un mare, arrivano medici e infermieri, hanno fame, hanno sonno, hanno sete, ordinano, consumano, hanno fretta e i due giovani sono solo accessori che servono a dare loro ciò che pagano.
Poi accade una cosa piccola, invisibile.
Ciro, così si chiama il ragazzo, o così lo chiama un collega dalla cassa, avvicina una tazza da cappuccino all'orecchio della bella mora imbronciata e le mormora:
E dai fammi un sorriso ... ascolta ... qui dentro c'è il mare.
E lei volta il viso rosso, per il calore della macchina da caffè, e invece di offenderlo, sorride ... sorride davvero e Ciro lancia la tazza nel lavello per poi ricominciare a prendere ordini.
Questi due schizzinosi li ho visti davvero, li vedo tutti i giorni e fanno i lavori più fantasiosi, magari non sanno chi è la Fornero però lavorano, sperano, guadagnano 800 euro al mese e sorridono ascoltando il mare in fondo a una tazza da cappuccino.
Solo per loro vale la pena fare il proprio dovere, per quei giovani lì, quelli schizzinosi.
Per dare loro una speranza di vedere il mare, quello vero, almeno una volta, prima o poi.
3 commenti:
Bellissima storia Massimo.
Di quelle che ti fanno tornare la voglia di fare. Anche se magari la Fornero, pur con parole e modi sbagliati, sta solo dicendo la triste verità. Questa è la società che ci siamo costruiti purtroppo. A me non piace e non penso piaccia neanche a chi il mare può solo immaginarselo.
Sei un grande Massimo, davvero.
vedi quando avevo la tua età, e prima l'età dei due protagonisti della mia storia, sapevo di poter contare sul futuro, dipendeva tutto da me, dalle mie capacità, dal mio coraggio dalla mia voglia di mettermi in gioco.
oggi non è + così, ve lo vogliono rendere opaco il futuro, e quasi utopistico, non va bene, e devono ringraziare che voi giovani siete molto più tolleranti rispetto a come eravamo noi negli anni settanta
dolcissima e bellissima!
Gli schizzinosi.... un po' come i Bamboccioni....
I politici sono bravissimi a fare demagogia.... Tutti i giovani da che mondo è mondo sognano l'indipendenza, di andare a vivere da soli, in piena autonomia e libertà, disposti, per la libertà, anche a fare i facchini, ma poi si scontrano con la dura realtà... il tempo determinato, il partime, e 7/800 euro al mese... Siamo noi che dobbiamo infondergli la voglia ed il coraggio di andare avanti, ma non lo facciamo certo definendoli schizzinosi o Bamboccioni....
Posta un commento