venerdì 14 gennaio 2011

L'uomo che verrà ... che sia emigrato altrove?

Pensieri "a proposito":  L'uomo che verrà

Nel mio ultimo romanzo Belva di città cito esplicitamente lo splendido film di Giorgio Diritti inventandomi una scena  solo immaginata, una festa conclusiva del cast  del film  ambientata nel paese di Calderino (Bologna).
La citazione ha qualche riferimento alla realtà perché conosco il paese e conosco personalmente una comparsa che ha partecipato alla realizzazione del film.
Per questa banale ragione non ho ancora trovato il coraggio di guardare L'uomo che verrà.
Si svolge nella mia terra, è parlato nel nostro antico dialetto e riapre vecchie ferite mai completamente sanate.
Tutte quelle vite spezzate, quel sacrificio collettivo di un popolo piegato da un regime demenziale.
Nel periodo storico più vuoto che mi sia capitato di vivere, nell'era dei grandi fratelli, dei legittimi impedimenti e dei killer seriali sponsorizzati penso con tenerezza a quell'uomo che è arrivato, ha vissuto ed è sopravvissuto in un'Italia priva di rotta o intenta ancora a cercarla.
Lui ha vissuto e forse vive ancora, ma tutti gli altri morti più o meno inconsapevolemente ... perché?
Forse solo per questo motivo troverò il coraggio di guardare in faccia per l'ennesima volta l'orrore, per cercare di convincermi che quel sacrificio non è stato inutile, rimanendo conficcato come un chiodo nel mio piccolo residuo di coscienza.



18 gennaio 2011

Ieri mi sono deciso e ho guardato L'uomo che verrà.

Mi è piaciuto molto, e non essendo un critico cinematografico la cosa che mi ha colpito di più è chiaramente il contesto e la lingua. Le mie origini si perdono sull'Appennino fra Gaggio Montano e Granaglione e quel dialetto che per molti ha reso necessario i sottotitoli per me era comprensibile.
Ho riconosciuto qualcosa della mia storia, ho ritrovato l'immagine della mia terra d'origine, e dopo tanto tempo mi sono riconosciuto in una situazione a dispetto della mia vita e della mia quotidianità.
Detto ciò un'altra riflessione ha fatto capolino fra le diverse e contrastanti emozioni, i partigiani, i ribelli, ricostruiti con un'oggettività che travalica analisi di destra o di sinistra.
Anche quei partigiani che in maniera approssimativa, disorganizzata e incosciente scelsero la guerriglia ad una disperata accettazione della dominazione nazi fascista mi hanno dato una diversa chiave di lettura degli avvenimenti che portarono alla morte circa 700 persone.
Non sempre e non necessariamente la lotta partigiana è stata eroica o indispensabile.
Non sempre è stata pianificata o costruttiva.
Nel caso di Marzabotto sembra quasi la causa principale dell'eccidio, un gruppo di partigiani che prima compiono alcune azioni abbastanza irrilevanti e poi addirittura decidono di sparire, spaccando il gruppo di combattenti in due piccoli gruppi e lasciando la popolazione, i loro stessi parenti in balia delle bestie naziste.
Ancora una volta l'uomo non ce la fa a  fare la cosa giusta neanche quando la sua sete di libertà è legittima e alla fine nel film sembra che solo le donne conservino fino ala fine la dignità della consapevolezza.
Ci sono voluti cinquant'anni e un bel film per mutare l'idea che avevo in merito alla lotta partigiana tanto idealizzata in gioventù.
Meglio tardi che mai ...

Nell'inverno 1943-1944 sull'appennino emiliano, la piccola Martina, di otto anni, vive con i  genitori e con la numerosa famiglia contadina, che fatica ogni giorno per sopravvivere. Dalla morte del fratello più piccolo Martina ha smesso di parlare e questo la rende oggetto di scherno da parte dei coetanei. Tuttavia il suo sguardo sul mondo che la circonda è molto profondo: la seconda guerra mondiale arriva anche sulle sue colline ricoperte di neve, con la presenza sempre più invadente di soldati tedeschi e squadre di partigiani. Lena, la madre della bambina, resta nuovamente incinta e Martina segue con attenzione i nove mesi della gestazione, mentre le complesse vicende della guerra si intersecano con la quotidianità della vita contadina: il bucato, le ceste intrecciate nella stalla, la macellazione del maiale, gli amoreggiamenti dei giovani, la Prima Comunione. Il fratellino di Martina nasce in casa, a fine settembre del 1944. Allo spuntar del giorno le SS arrivano nelle campagne bolognesi, mettendo in atto un feroce rastrellamento, che verrà ricordato come strage di Marzabotto: vecchi, donne e bambini vengono trucidati, dopo esser stati raccolti nei cimiteri, nelle chiese, nei casolari. Martina, che era riuscita a fuggire, viene scoperta e rinchiusa in una piccola chiesa insieme a decine di altre persone. Dopo aver chiuso le porte, i soldati tedeschi lanciano all'interno, attraverso le finestre, delle bombe a mano che fanno strage. La bambina resta miracolosamente illesa e torna a casa, trovando solo stanze vuote e silenzio: prende la cesta con il fratellino e si rifugia nella canonica di don Fornasini, uno dei parroci della zona. La vicenda si conclude con il ritorno di Martina al casolare di famiglia, dove si prende cura del fratellino e finalmente, cantando per lui una ninna nanna, ritorna a parlare.

Lingua originale: Emiliano, italiano, tedesco
Paese: Italia
Anno: 2009
Durata: 117 min
Genere: Drammatico, storico
Regia: Giorgio Diritti
Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni, Giovanni Galavotti
Produttore: Simone Bachini, Giorgio Diritti
Casa di produzione: Aranciafilm, Rai Cinema
Fotografia: Roberto Cimatti
Musiche: Marco Biscarini, Daniele Furlati

Interpreti e Personaggi
Maya Sansa: Lena
Alba Rohrwacher: Beniamina
Claudio Casadio: Armando
Greta Zuccheri Montanari: Martina
Maria Grazia Naldi: Vittoria
Stefano "Vito" Bicocchi: Signor Buganelli
Eleonora Mazzoni: Signora Buganelli
Orfeo Orlando: Il mercante
Diego Pagotto: Pepe
Bernardo Bolognesi: Il partigiano Gianni
Stefano Croci: Dino
Zoello Gilli: Dante
Timo Jacobs: Ufficiale medico SS
Germano Maccioni: Don Ubaldo Marchioni
Raffaele Zabban: Don Giovanni Fornasini

2 commenti:

stoned ha detto...

Caro Massimo, al di là del film che ritengo bello ma, ovviamente per ragioni cinematografiche, troppo romanzato ed opinabile, ti invito a guardare il sito (ancora in costruzione) www.montesoleonline.it Troverai tante notizie, racconti e circostanze ritenute ufficiali, ossia tutte certificate dalla ricostruzione effettuata della procura di La Spezia durante il processo alla strage. Al di là di questo suggerimento, e senza volerne fare un'analisi storico-politica approfondita, non sono d'accordo sul fatto che vennero lasciate consapevolmente donne e bambini alla mercè nazista. Devi sapere che, prima della strategia belligerante iniziata con i fatti di S. Anna di Stazzema e proseguita fino a Monte Sole, non si era mai visto un accanimento così spietato verso la popolazione civile. Nei rastrellamenti venivano appunto risparmiate sempre queste categorie di persone (vecchi, donne e bambini) per ovvi motivi di "inutilità" alla lotta armata. Fu per questo che i partigiani della Stella Rossa, pensandoli al sicuro, non portarono con sè i propri famigliari. Non era assolutamente prevedibile. In ogni caso, credo che pur non essendo stata completamente eroica o pianificata, la lotta partigiana sia stata SICURAMENTE indispensabile e costruttiva per l'Italia in cui oggi viviamo. Sergio

massimo ha detto...

grazie Sergio per il tuo contributo
allora c'è qualcuno che legge i miei post.
volevo essere provaocatorio, vedo che qualcosina ho smosso.
Sì i partigiani furono eroi loro malgrado, in un Italia dilaniata.
meglio tenerci stretto il loro ricordo sperando non sia più necessario farli rivivere